Decidere di effettuare un percorso di analisi o psicoterapia non è cosa semplice per svariati motivi. La difficoltà di riconoscere di avere un problema, o un disagio non ben identificato, la ritrosia a mettere a nudo alcuni aspetti di vulnerabilità del Sé, la paura di toccare aree personali inesplorate e soprattutto: “come faccio a scegliere il terapeuta giusto per me ? Come mi muovo nella miriade di scuole e tecniche che usano un linguaggio spesso oscuro ? “
Questi ed altri interrogativi non solo sono legittimi ma sono necessari; è serio porseli e soprattutto cercare di fare chiarezza, quanto più possibile, prima di decidere di intraprendere un serio lavoro inter e intrapersonale. Interrogativi e riflessioni sono d’uopo non solo per il futuro paziente ma anche per lo psicoterapeuta, il quale, di fronte ad un nuovo paziente è messo alla prova almeno quanto il paziente stesso. Viene studiato, classificato, assimilato nel mondo interno del paziente prima che quest’ultimo possa investire su di lui in modo stabile, possa fidarsi e decidere di iniziare insieme un cammino dove possa lavorare insieme a qualcuno, lì dove ha sempre lavorato da solo.
La prima consultazione non è solo un colloquio o un’intervista ma un vero e proprio incontro con caratteristiche emotive peculiari; per buona parte dei pazienti costituisce la prima esperienza con un “addetto ai lavori” della psiche. Lo psicoterapeuta di trova di fronte ad una grande responsabilità: “Quale trattamento è più efficace con questa persona, con questo problema, in questo particolare momento della sua vita ? Cosa posso fare io per questa persona ? Come posso lavorare con lui ? “ L’ apparato psichico è così vario e personale che è difficile per un terapeuta standardizzare le regole del trattamento. Con un serio primo colloquio il terapeuta può valutare alcune indicazioni terapeutiche, il paziente può meglio rendersi conto di cosa sia un trattamento psicoterapeutico o psicoanalitico. Il paziente può porre domande chiarificatrici e non sentirsi subito costretto a fare una scelta ma uscire dal primo colloquio con elementi adeguati a comprendere anche se questo è il momento opportuno per lui.
Il primo colloquio rappresenta dunque un incontro, un venirsi incontro, un noi (paziente e terapeuta) dove ognuno riceve l’altro per poter restare altro-da-lui. Il terapeuta sarà un osservatore partecipe, non sarà un elemento a sé, ma parte integrante del campo psicoterapeutico. Paziente e terapeuta saranno coinvolti in un lavoro di analisi e di investigazione che richiede ad entrambi una disponibilità al contatto. Entrambi prima di incontrarsi sono in uno stato di attesa e di apertura. Nel loro incontro il terapeuta cercherà di andare incontro alle sensazioni del paziente facilitando la trasformazione delle stesse in attività di pensiero. E’ nell’ascolto che il terapeuta permette al paziente di aprirsi uno spazio nuovo; è attraverso l’ascolto che possiamo sapere su quale terreno ci stiamo muovendo, cogliendo e accogliendo i segnali che il paziente può dare in quel momento.
Al termine di questo primo importante passo se il Paziente si sente, almeno un po’, riconosciuto nella sua capacità di comunicare il proprio dolore, le proprie paure e le proprie speranze per il futuro, allora paziente e terapeuta potranno iniziare insieme la “loro” storia terapeutica e là condivideranno difficoltà e scoperte, creeranno legami, opereranno cambiamenti e trasformazioni, aprendo uno spazio mentale in direzione del futuro.