La sofferenza psicologica si manifesta con fenomeni psichici e fisici che costituiscono un insieme di sintomi più o meno complessi. E’ riduttivo trattare un disturbo psicologico esclusivamente attraverso il sintomo ( es. l’attacco di panico). Se può essere corretto, ad esempio, ipotizzare che l’attacco di panico ( paura di aver paura) sia l’espressione di una crisi di punti di riferimento, ciò va contestualizzato al soggetto che è e rimane unico rispetto alla propria sofferenza la quale può essere simile ma mai identica a quella di un’altra persona. E’ dunque fondamentale ricostruire con il paziente la storia del sintomo ( o dei sintomi ) e comprendere se e come questo si intrecci con la storia della sua vita, quando il sintomo è insorto, come si è evoluto, se in alcuni periodi è scomparso, come si manifesta oggi. Il sollievo dal sintomo, la sua riduzione o remissione costituiscono l’obbiettivo primario del lavoro psicoterapeutico ma, insieme a ciò è altrettanto importante la comprensione del sintomo, il suo significato simbolico, la sua funzione. Il sintomo non è mai cattivo, ci avvisa che stiamo sbagliando cammino. Così, se l’eliminazione del sintomo può costituire un cambiamento di primo livello, la sua comprensione e la conseguente elaborazione può condurre ad un cambiamento di secondo livello che offre maggiore garanzia di stabilità e di maggior equilibrio fisico e mentale. Nell’ambito di una buona relazione terapeuta-paziente si lavora all’unisono sui due livelli: col primo si mira alla riduzione dei pensieri disfunzionali, all’accrescimento dell’autostima, al riconoscimento delle proprie emozioni trascurate o negate; col secondo si mira all’analisi delle modalità difensive divenute disfunzionali, ad una ridefinizione di se stessi, ad una miglior integrazione del Sé, ad una nuova costruzione identitaria a cui poter attingere per vivere in equilibrio ed armonia con se stessi e con il mondo esterno.
DEPRESSIONE
La probabilità di avere un episodio depressivo maggiore entro i 70 anni è del 27% per gli uomini e del 45% per le donne.
La depressione si manifesta attraverso svariati sintomi fisici, emotivi, comportamentali e cognitivi. Quello che comunque unisce e lega dolorosamente tutti questi aspetti è una marcata compromissione della vitalità del soggetto, una perdita di interessi e di piacere, una mancanza di speranza, una difficoltà di concentrazione e di decisionalità. Chi è colpito dalla depressione non si riconosce più, tutto in lui è alterato: ragionamenti, pensieri, immagine di sé e del mondo esterno. È un disturbo causato da molteplici fattori: genetici, biologici, ambientali e psicologici. Questi ultimi due aspetti fungono spesso da amplificatori di uno stato di disagio che causa nella persona un malessere per sé e per i famigliari, che può alterare dinamiche di coppia, rapporti con i figli e lavorativi.
È una patologia che trova spesso soluzione nell’azione combinata di farmaci antidepressivi e di un percorso psicoterapeutico profondo. Tale percorso va alla ricerca delle relazioni del soggetto con l’ambiente di vita e di crescita.
Sovente sotto la depressione si situano vissuti traumatici, abbandoni, sensi di colpa. In tutti questi casi un lavoro psicodinamico porta alla presa di coscienza del conflitto sottostante, ad una elaborazione della sofferenza, ad un contenimento del dolore, per arrivare a favorire nuovamente uno scambio vitale tra il paziente e il mondo esterno.
ANSIA
L’ansia è una svariata e complessa combinazione di sintomi fisici, emotivi e comportamentali. L’ansia generalizzata è un disturbo che interessa maggiormente le donne. Non è concentrata su un particolare oggetto o situazione ma è molto invalidante e interferisce anche con le normali attività quotidiane. Toglie la concentrazione e la sicurezza nel dire e nel fare qualsiasi cosa.
Da uno stato di ansia diffusa, spesso sottovalutato e non curato, possono insorgere altre patologie quali attacchi di panico, fobie, disturbo ossessivo- compulsivo (DOC).
La terapia d’elezione per questi tipi di disturbi è l’approccio cognitivo-comportamentale. Il primo obbiettivo di questo intervento è quello di ridurre il comportamento evitante e di aiutare il paziente a sviluppare abilità di coping ossia, a fronteggiare gradualmente le situazioni vissute come spaventose.
Accanto a questo primo intervento che opera direttamente sul sintomo può essere utile e risolutivo un lavoro psicodinamico che legge l’ansia come la manifestazione di conflitti psicologici non sempre consapevoli. L’ansia è un sintomo-segnale attorno al quale si struttura un conflitto nevrotico fra il desiderio di esprimere sentimenti, sensazioni, parole e la paura di soddisfarle. L’ansioso è una persona ricca di potenzialità e di desideri spesso ignorati o mascherati. Tutto ciò viene trasferito fuori dal proprio sé e buttato, sotto forma di paure, sul corpo e sul mondo esterno.
L’intervento psicodinamico aiuta il paziente a ristabilire un flusso comunicativo tra la componente somatica e quella psichica senza perdere il senso di sé, senza minacce alla propria capacità personale.